LO STATO DELLE DIPENDENZE: L’IMPEGNO PER RIPENSARE E RIPROGETTARE

LO STATO DELLE DIPENDENZE: L’IMPEGNO PER RIPENSARE E RIPROGETTARE

Dopo l’uscita delle serie “SanPa” si è riacceso il dibattito sul tema delle droghe in Italia. La situazione è drammatica: la politica oscilla dal conflitto sterile e ideologico tra proibizionismo e legalizzazione al “silenzio irresponsabile” che prova a nascondere il fenomeno per contenerlo tutt’al più nei suoi aspetti più patologici

La situazione della diffusione delle dipendenze, sia quella dalle tantissime sostanze sia quella altrettanto diffusa da comportamenti, è realmente drammatica. Se ne parla poco e male. La politica oscilla tra l’antico “conflitto sterile” di tipo ideologico tra i fautori del proibizionismo e quelli della legalizzazione e quello più attuale del “silenzio irresponsabile” che prova a nascondere il fenomeno per contenerlo tutt’al più nei suoi aspetti più patologici.

L’emergenza Covid rischia di far trascurare ancor di più il fatto che nel frattempo le dipendenze vanno avanti e si radicano nella vita reale di fasce di popolazione sempre più giovani o addirittura adolescenziali.

In Italia comunque continuiamo ad avere la migliore rete dei servizi sia nel Pubblico che nel Privato Sociale, che va tuttavia rilanciata e potenziata prima che sia troppo tardi. È giunto pertanto il tempo di promuovere una strategia progettuale, condivisa e capace di mantenere fermi alcune consapevolezze e i risultati nel frattempo raggiunti e, nello stesso tempo, di tenere un passo spedito per prevenire quanto si evolve e si amplia.

I dati di partenza nel contesto attuale

Alcuni tratti salienti sono i seguenti:

  1. Le vecchie sostanze non sono venute meno, basti pensare all’eroina che mantiene una sua rilevanza nei consumi, al punto da ritornare a dilaniare la vita di molte persone di qualunque età soprattutto nei quartieri più degradati delle nostre città, prive oramai di respiro ed energia sociale e di quel fervore culturale e politico in grado di dedicarsi alla riqualificazione e rigenerazione urbana delle sue realtà più marginali.
  2. La cocaina mantiene la sua triste caratteristica di sostanza ad uso delle fasce sociali più professionali, che si lasciano andare con troppa facilità ad un consumo che non si arresta, semmai si amplia, con un portato sempre devastante sul piano della salute degli assuntori e con danni correlati alle relazioni familiari, sociali e lavorative.
  3. Le stesse droghe una volta chiamate leggere, come la marijuana e l’hashish, si espandono e mantengono vasti consumi tra i giovani con la novità, che oramai si registra da anni,di un aumento continuo e consistente dei livelli dei “principi attivi”, che ne elevano la capacità di colpire e danneggiare i sistemi neurovegetativi e comportamentali.
  4. Le cosiddette nuove droghe sintetiche nelle loro diverse e sempre più numerose composizioni inondano il mercato del consumo di sostanze, raggiungendo capillarmente il mondo giovanile e i luoghi di intrattenimento e di svago, senza che si abbia ancora una chiara percezione dei danni rilevanti che procurano alla salute.
  5. I consumatori smodati di alcool e i cosiddetti “poliassuntori” di sostanze stanno diventando una realtà diffusa con cui bisogna fare i conti, consapevoli che non si intravedono segni di allentamento, anzi la “dipendenza multipla” si amplia e si diffonde lungo la scia del mercato delle sostanze.
  6. Le dipendenze comportamentali sono una diffusa realtà. La scienza medica le ha ben studiate e classificate nei loro risvolti dannosi per la salute di chi si lascia travolgere, ad esempio,dal gioco d’azzardo e da altri disturbi legati al rapporto con il cibo e alla lesione del proprio corpo e della propria psiche.

In questo documentato e ben monitorato contesto delle dipendenze, su cui molti operatori del Pubblico e del Privato Sociale lavorano da decenni, le mafie, le organizzazioni criminali e le stesse realtà terroristiche lucrano e capitalizzano affari da capogiro, condizionando vaste filiere dell’economia anche legale e la stessa vita istituzionale di interi Paesi, facendo capolino nei più svariati teatri di guerra e di conflitti ancora aperti nella ancora sregolata e ingiusta globalizzazione.

Che fare? Come reagire? Quale visione e progettualità coltivare e organizzare?

Intanto non vanno disperse le consapevolezze maturate, anzi bisogna farne tesoro:

  • Nel tunnel delle dipendenze si entra purtroppo da diversi percorsi esistenziali e sociali e ci si può curare e guarire ricorrendo a diversi approcci terapeutici. In sostanza non c’è una “messianica” o “dominante” via di entrata e una “obbligata” via d’uscita dalle dipendenze. Riconoscere il pluralismo e la personalizzazione di diagnosi e cura rende più maturo e rigoroso il cammino terapeutico che di volta in volta bisogna impostare e compiere.
  • La definizione chiave che pertanto bisogna sempre più utilizzare per affrontare correttamente le sfide aperte delle dipendenze è “integrazione progettuale”. Integrazione progettuale tra i vari percorsi terapeutici, tra gli approcci farmacologici e quelli psico-terapeutici, tra pubblico e privato sociale, tra le diverse professionalità, tra famiglie e territori, tra le varie strategie di prevenzione, cura e riabilitazione. Nell’integrazione progettuale si ottengono elevati successi, mentre nelle soluzioni unilaterali si consumano ricadute, fallimenti e imposture.

Leggi in vigore da decenni: cosa resta valido e cosa migliorare?

Siamo a più di trent’anni dall’entrata in vigore della legge 309/90, l’importante e basilare testo unico sulle tossicodipendenze, e a più di vent’anni dall’approvazione della legge 45/99, che ancora oggi viene comunemente identificata con il mio nome.

Di recente mi sono chiesto cosa rimane valido e da proteggere e custodire della legge con cui sono stati riorganizzati radicalmente e rilanciati sia i servizi pubblici dei SERD sia le Comunità Terapeutiche e i nuovi Servizi di Prossimità.

Cosa tuttavia dobbiamo rilanciare e migliorare? Alcuni aspetti di larga convergenza che devono impegnare lo Stato con serietà e operatività:

LE RISORSE FINANZIARIE

Avanzo una proposta semplice e allo stesso tempo abbastanza risolutiva: bisogna destinare ai servizi del pubblico, con in testa i SERD, e del privato sociale, con in testa le comunità terapeutiche e i servizi di prossimità, il 30% delle somme sequestrate o confiscate nell’ambito della lotta ai trafficanti di droga. Occorre infatti reinvestire nella rete dei Servizi che nel frattempo hanno sperimentato una modalità di comune lavoro e di integrazione. Le risorse finanziarie devono essere utilizzate per prevedere finalmente un parametro unico di retta nazionale e riconoscere e sostenere economicamente la presa in carico della “doppia diagnosi”. Dobbiamo evitare che ogni Regione vada per conto proprio e nella stessa Europa si vada avanti senza le necessarie convergenze, tenuto conto che l’esperienza italiana è ritenuta tra le migliori al mondo.

LE RISORSE UMANE

Nella legge 45/99, in particolare, si fece un investimento senza precedenti sugli operatori, inserendo e stabilizzando nei SERD e nelle comunità migliaia e migliaia di professionisti che hanno consentito la capillarizzazione degli interventi con un salto di qualità esemplare anche a livello internazionale. Adesso molte di quegli operatori stanno andando in pensione, per cui è più che mai necessario rivitalizzare la rete del pubblico e privato sociale con l’innesto di nuove professionalità e con una programmazione che consenta il passaggio generazionale ed esperienziale. Senza una scelta di vasta portata sulle risorse umane si rischia di procurare danni irreparabili e di arretrare, dopo aver conquistato mete fino a pochi anni fa impensabili.

L’ALTA INTEGRAZIONE

È la sfida su cui si debbono misurare insieme i SERD, le comunità terapeutiche e i servizi di prossimità. Sarebbe questa la migliore risposta per personalizzare nel modo più adeguato i percorsi terapeutici e mantenere il passo dei continui cambiamenti che si presentano nelle dipendenze, soprattutto in relazione all’universo giovanile e sempre più anche adolescenziale.

INVESTIRE SUL LAVORO

È una dimensione decisiva del percorso terapeutico e della fase delicata del reinserimento nella famiglia e nella società. È necessario prevedere borse lavoro e incentivi speciali per le attività produttive che già si svolgono soprattutto nelle comunità e a sostegno delle imprese esterne che partecipano ai progetti di reinserimento.

PIÙ PREVENZIONE E CURA NELLE CARCERI

Occorre una maggiore presenza per sviluppare nelle carceri una moderna e capillare lotta alle dipendenze, partecipare con più risorse e con un ruolo più incisivo per affrontare la condizione delle dipendenze negli istituti penitenziari e dei detenuti agli arresti domiciliari, facilitando la presa in carico anche finanziariamente dei tossicodipendenti che intendano seguire il loro cammino terapeutico presso le comunità, come la legge attualmente prevede.

PROMUOVERE UN PERCORSO UNIVERSITARIO SULLE DIPENDENZE

Nelle facoltà sia di medicina che di formazione degli operatori sociali, è giunto il momento di prevedere percorsi specifici di specializzazione sulle dipendenze, in modo da responsabilizzare l’alta formazione alla luce delle esperienze acquisite che oggi ci consegnano la possibilità di tipicizzare tali profili professionali.

SOSTENERE LA RICERCA

È una dimensione strategica vitale che deve essere alla portata di tutti gli operatori e di tutti i servizi, senza la quale si disperdono conoscenze e risultati. La ricerca è la risorsa anche dell’agire sul campo e non una realtà distaccata da quanti si misurano quotidianamente nei Servizi.

RIORGANIZZARE GLI SPAZI

Non deve sembrare un aspetto marginale quello di disporre di strutture moderne e avanzate sia nei Servizi Pubblici che in quelli del Privato Sociale. Naturalmente non servono edifici adattati o frutto di un’architettura calata dall’alto. Vanno definiti sul modello degli hub, circondati da aree verdi che scaturiscono da una progettazione condivisa con gli operatori impegnati da anni nella lotta alle dipendenze.

Per un percorso di dialogo con le Istituzioni

Chiediamoci anche come avviare un percorso di dialogo e di confronto con le Istituzioni di Governo, il Parlamento, i soggetti sociali e politici. Alcune idee da sviluppare:

  1. Rilanciare il lavoro che nei mesi precedenti il Covid ha messo insieme, con un inedito lavoro di dialogo e confronto, i responsabili delle reti nazionali delle Comunità Terapeutichee delle società scientifiche, attraverso una sorta di Manifesto/Piano d’Azione condiviso ampiamente e in grado di dare l’avvio corretto ed efficace a una nuova stagione dell’impegno nel contrasto alle dipendenze, in modo da evitare che una possibile ripresa di attenzione da parte della politica ripercorra i vizi del passato.
  2. Elaborare e presentare al Parlamento italiano una proposta di legge ad integrazione e rilancio delle leggi 309/90 e 45/99, naturalmente con un approccio frutto di un lavoro condiviso e partecipato.
  3. È importante e decisivo richiedere una Conferenza Nazionale sulle dipendenze da concentrare esclusivamente sul rilancio della rete dei servizi pubblici e del privato sociale, per non fare l’errore di riproporre le antiche divisioni e i vecchi dibattiti ideologici, che rischiano di compromettere e depistare dal lavoro che ci attende.

Giornali e tv: il clamore e il silenzio 

Rimane aperto e da risolvere il tipo di comunicazione che bisogna utilizzare per rilanciare nell’opinione pubblica una corretta conoscenza e una chiamata generale ad una partecipazione condivisa.

Nei decenni trascorsi a trattare delle dipendenze nei rotocalchi e nelle trasmissioni di punta delle TV, venivano chiamati leader politici spesso privi di una reale conoscenza del fenomeno. Si finiva così per fare del confronto un uso strumentale ed elettorale. Lo scontro era dietro l’angolo e per lo più ideologico o astratto e generico: lo scenario comunicativo si caratterizzava per il prevalere di insulti e aggressioni verbali, riducendo tutto ai temi della repressione o della legalizzazione, producendo così un conflitto sterile a “somma zero”.

Oggi ci troviamo di fronte una reazione opposta: è calata una specie di silenzio assordante sulle dipendenze, ogni tanto rotto da notizie sensazionalistiche che bucano lo schermo per pochissimo tempo, per poi rientrare nel silenzio più inquietante.

Bisogna pertanto anche sulla comunicazione pubblica cambiare passo, senza rimpiangere i tempi dello scontro sterile e senza rassegnarsi all’attuale silenzio omertoso.

La comunicazione di qualità e responsabile deve essere messa nelle mani di chi ha maturato conoscenze sul campo, elaborato saperi rigorosi ed esperienze collaudate. Bisogna chiedere alla comunicazione di trattare ampiamente delle dipendenze, di parlarne con competenza ed onestà intellettuale.