LA RESISTENZA HA UNITO E MOBILITATO CULTURE DIVERSE: LA STORIA DI DON PIETRO PAPPAGALLO UCCISO ALLE FOSSE ARDEATINE

LA RESISTENZA HA UNITO E MOBILITATO CULTURE DIVERSE: LA STORIA DI DON PIETRO PAPPAGALLO UCCISO ALLE FOSSE ARDEATINE


Durante la Resistenza, uomini e donne delle più diverse provenienze si misero in gioco.  

A rischio della propria vita, decisero di abbattere ostacoli e pregiudizi, di unirsi in nome dell’amore per la libertà, di soffrire e impegnarsi insieme.  

La storia di un sacerdote fa capire bene quello che scattò nell’animo più profondo dei molti italiani, che con il loro sacrificio gettarono le basi per la costruzione della democrazia e della nostra magnifica Carta Costituzionale.  

Don Pietro Pappagallo, originario di Terlizzi, in Puglia, ha vissuto e operato a Roma. Nella capitale scelse di resistere e nella culla del cattolicesimo mondiale fu passato per le armi. 

Nella sua casa nascondeva intellettuali, partigiani, soldati sbandati dopo la fuga del re, ebrei e perseguitati politici, a cui offriva ospitalità e documenti falsi, partecipando così alla Resistenza concreta, oltre che morale e spirituale.  

La sua abitazione era nel quartiere Monti, nella zona centrale di Roma: allora era molto popolare, vicino alla famosa Suburra, ricca di realtà artigianali. Il 29 gennaio del 1944 le SS bussarono al portone di Via Urbana 2 e irruppero nell’appartamento: sapevano già che cosa e dove cercare. Fu arrestato, infatti, per la delazione di una spia infiltrata proprio nella sua abitazione: un militare italiano, ricercato come disertore dopo l’8 settembre, che era stato accolto nel convento dei Santi Cosma e Damiano.  

Don Pappagallo fu rinchiuso nel famigerato carcere di via Tasso, nella cella numero 13, dove subì ripetutamente torture e percosse. Ma don Pietro scelse di resistere e non rivelò mai i nomi dei suoi contatti nella Resistenza.  

Dopo l’attentato di via Rasella, il suo nome venne incluso nell’elenco delle persone destinate a essere giustiziate per rappresaglia dai tedeschi. E così anche lui il 24 marzo del 1944 fu portato alle Fosse Ardeatine, dove fu trucidato insieme ad altre 334 innocenti.  

All’ingresso di quella che allora era una cava, si racconta che riuscì a liberarsi dalle corde ai polsi e impartì la benedizione, la benedizione della libertà dei figli di Dio per i credenti e non credenti uniti, nella stessa sorte e dignità.  

È una storia da conoscere, da cui trarre spunto, soprattutto in questo momento storico così travagliato, nel quale dobbiamo recuperare motivazioni e progettualità, per alimentare la sfida della tutela dei diritti umani, il rilancio dell’Europa in direzione degli Stati Uniti d’Europa, la promozione della Pace e dello sviluppo sostenibile socialmente e ambientalmente e per superare tutte le guerre, da quella scatenata contro l’Ucraina alle altre presenti in ben 70 Paesi e spesso dimenticate.