CAMBIAMENTO CLIMATICO. ALLA COP 28 DI DUBAI BISOGNA DECISAMENTE DARE UNA SVOLTA. DIVERSAMENTE PASSIAMO SOLO GUAI

CAMBIAMENTO CLIMATICO. ALLA COP 28 DI DUBAI BISOGNA DECISAMENTE DARE UNA SVOLTA. DIVERSAMENTE PASSIAMO SOLO GUAI

È in corso la Cop28 a Dubai, sotto la contestata presidenza degli Emirati Arabi Uniti.

La Conferenza dell’Onu è chiamata a dare una svolta seria e progettuale alla lotta al cambiamento climatico. Non si può più giocare con il devastante “negazionismo” e soprattutto con l’insidioso e ipocrita “minimalismo”, emerso persino dalle dichiarazioni dello stesso presidente della Cop28, Sultan al-Jaber, che in una strenua difesa delle fonti fossili, ha provato addirittura a smentire ogni evidenza scientifica.

Non possiamo arrenderci, anche se la condizione drammatica in cui versa l’umanità nel rapporto con l’ecosistema farebbe pensare alla famosa espressione che tutti ricordiamo della resa della Repubblica di Venezia: “Il morbo infuria, il pan ti manca, sul ponte sventola bandiera bianca!”

È il tempo più che mai della svolta, che ovviamente va ben governata con un piglio rigoroso e progettuale.

Alcuni dati sono emblematici:

  • I risultati preliminari del bilancio globale, il Global Stocktake, pubblicati a settembre non sono positivi: nei prossimi cinque anni saranno necessarie azioni molto più forti per evitare di superare la soglia di 1,5°C di riscaldamento prevista dall’Accordo di Parigi. Le emissioni globali devono calare del 43% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2019, e i tagli devono raggiungere -60% nel 2035. Il potenziale espresso dagli impegni presi formalmente dagli Stati, oggi, ci porta invece su una traiettoria di 2,4-2,6°C di riscaldamento globale, mentre se si contano anche gli impegni a lungo termine (che sono però poco concreti, quindi poco credibili) si arriverebbe a 1,7-2,1°C.

E’ bene ricordare che quello di 1,5 gradi non è un limite arbitrario: secondo il consesso scientifico questa soglia è considerata l’ultima utile per evitare condizioni climatiche estreme per milioni di persone nel mondo. Il 17 novembre scorso la temperatura media globale giornaliera ha superato per la prima volta quella dell’era preindustriale di più di due gradi, la soglia massima prevista dall’accordo di Parigi del 2015. L’annuncio è stato dato il 20 novembre dal servizio europeo sul cambiamento climatico di Copernicus (C3s).

  • Nel marzo 2023 il Governo Meloni ha fatto dietro front rispetto agli impegni assunti durante la Cop26 di Glasgow, prolungando, attraverso la SACE, il finanziamento di progetti esteri legati all’estrazione e al trasporto di combustibili fossili almeno fino al 2028. L’Italia quindi continuerà a finanziare progetti di carbone, petrolio e gas all’estero.

L’Italia è il sesto più grande finanziatore di combustibili fossili al mondo: tra il 2019 e il 2021 ha fornito 2,8 miliardi di dollari all’anno in finanza pubblica per i combustibili fossili, più di Arabia Saudita e Russia (al 7° e 8° posto). Solo il 3,5% dei finanziamenti internazionali del nostro Paese in tema di energia sono andati alle rinnovabili.

Per raddrizzare la rotta è necessario raddoppiare l’efficienza energetica mondiale, triplicare la capacità installata di rinnovabili a livello globale e trovare un’intesa sul phase out di tutte le fonti fossili.

Alcune proposte non sono più rinviabili:

  • Dobbiamo liberare ingenti risorse per gli investimenti. Vanno innanzitutto prese dalle spese militari, dai grandi patrimoni di chi detiene ricchezze spropositate e da una lotta senza precedenti agli speculatori, ai mafiosi, ai narcotrafficanti e ai trafficanti di armi e ai contrabbandieri.
  • Bisogna mettere i Paesi poveri nelle condizioni di avere investimenti sicuri e programmi controllati da destinare all’economia civile sostenibile e alla vita reale della scuola, della sanità e a tutela delle biodiversità.
  •  È necessario un profondo e accelerato abbandono delle produzioni industriali che usano combustibili fossili e attivare una concreta riconversione alle energie rinnovabili: l’idrogeno deve finalmente diventare la prima risorsa energetica da utilizzare a tutti i livelli. Analogamente, il ricorso alle tecnologie green va previsto per lo smaltimento dei rifiuti civili, industriali e pericolosi.
  •  È indispensabile investire sistematicamente sulla produzione di energia solare: ogni edificio pubblico e privato, ogni struttura produttiva deve essere alimentata con pannelli fotovoltaici di nuova generazione.
  •  L’agricoltura va aiutata e sostenuta per un definitivo passaggio a una produzione interamente biologica. I beni che consumiamo quotidianamente vanno liberati dall’uso di pesticidi e di prodotti nocivi o dannosi per l’ambiente. Non dimentichiamo che l’Europa ha accordato, con il sostegno del governo italiano, l’utilizzo del discusso glifosato fino al 2023.
  • Le città devono conoscere una fase di rigenerazione radicale sul piano urbanistico e sociale in tutti i quartieri, a partire da quelli periferici.

Il “tempo” incalza. Queste ed altre scelte non sono più rinviabili. E’ ora di avviare una vera e propria rivoluzione green partecipata, condivisa e capillarmente controllata.

Ecco perché la politica deve smetterla di annunciare grandi cambiamenti e poi procedere in modo contraddittorio, con alt e dietrofront che rischiano di farci ricadere nell’incertezza piuttosto che proiettarci decisamente in avanti.

I leader mondiali presenti alla Cop 28 devono comprendere che è ormai siamo a un bivio: ancora una volta possono scegliere se tergiversare e limitarsi a riempire i documenti di retorica oppure se imboccare progettualmente la strada giusta dello sviluppo sostenibile socialmente e ambientalmente.