1° CONGRESSO REGIONE CAMPANIA S.I.Pa.D – NAPOLI, 28 -29 APRILE 2022

1° CONGRESSO REGIONE CAMPANIA S.I.Pa.D – NAPOLI, 28 -29 APRILE 2022

Il 28 e 29 aprile, nella stupenda cornice di Napoli, la SiPAD ha affrontato il tema della diffusione delle Dipendenze tra i giovani. Un dramma nel dramma, considerati i danni irreparabili a livello cerebrale e le gravi ripercussioni soprattutto sul piano neurologico che i giovani subiscono quando entrano nel tunnel delle Dipendenze, sia quelle da sostanze, come le droghe sintetiche, la cannabis o l’alcol, sia quelle comportamentali, come le dipendenze tecnologiche, e che si manifestano, tra l’altro, anche con patologie psichiatriche, come la sindrome di Hikikomori.

Se ne parla poco. Sembriamo rassegnati, ma così rischiamo di perdere una fetta importante delle nuove generazioni.

Naturalmente bisogna affrontare la questione con rigore e con progettualità. Con rigore scientifico sul versante neurale, psicologo e sociale. Con progettualità utilizzando un approccio integrato, medico e sociale, educativo e culturale e intervenendo sia sul versante della prevenzione sia su quello della cura.

Dobbiamo insomma reagire, aprire gli occhi e attrezzare la società per comprendere e superare una pandemia strisciante, silenziosa e devastante, su cui dominano ignoranza e pregiudizi, che così favoriscono i loschi affari delle mafie e gli interessi affaristici globali.

Di seguito la relazione con cui ho dato il mio contributo all’apertura dei lavori.


1° CONGRESSO REGIONE CAMPANIA S.I.Pa.D

Napoli, giovedì 28 e venerdì 29 aprile 2022


Giovani con o senza…. sostanza?

Le dipendenze invisibili nelle adolescenze interminabili

Ho accettato ancora una volta con molto piacere l’invito ad essere con voi, al Primo Congresso che organizzate nella Regione Campania. Un caro saluto va a tutti i partecipanti con cui negli anni si è costruito un rapporto di stima e di condivisione intorno ai temi delle dipendenze. Un caro abbraccio al Presidente nazionale Claudio Leonardi, alla responsabile Campania Patrizia Amato, a tutti i relatori e ai membri del Comitato scientifico.

Vorrei innanzitutto ringraziarvi per avere tenuto in piedi, in Italia, il sistema dei Servizi, nonostante siate stati costretti a far a meno di tanti vostri colleghi che sono andati in pensione e che non sono stati sostituiti e nonostante la gestione delicata di cui vi siete fatti carico durante la drammatica fase della diffusione del Covid. Non avete assunto un atteggiamento lamentoso, non vi siete trincerati dietro la necessità di tutelarvi dal rischio di contagio e avete assicurato prestazioni di alta qualità con un’attenzione che sta diventando la vostra caratteristica peculiare nel rapporto con ilmondo delle Comunità terapeutiche e dei Servizi di prossimità.

Avete scelto per questo Congresso un aspetto delle dipendenze molto ma molto delicato, dove ancora abbiamo bisogno di accumulare conoscenze, condivisioni terapeutiche e approcci conoscitivi e culturali. Nel mondo dell’adolescenza le dipendenze crescono, sia quelle da sostanza, con in testa le droghe sintetiche oltre che quelle da cannabis, sia quelle comportamentali, con una diffusione delle dipendenze dalle tecnologie, in particolare da smartphone, computer e social network.

Tra i giovani notiamo anche la diffusione del fenomeno delle doppie diagnosi e dei poliassuntori, senza trascurare la più recente diffusione, che affronterete in questo Congresso, della sindrome di Hikikomori, causata dall’isolamento sociale esploso soprattutto nel periodo della pandemia.

Insomma, nell’età adolescenziale si è aperto un problema serissimo, come se avessimo di fronte una voragine che rischia di inghiottire diverse generazioni giovanili, con un capillare radicamento delle dipendenze a un livello tale che si rischia di perderne il controllo. Non emerge infatti nelle istituzioni e nelle politiche pubbliche sanitarie, sociali, educative la consapevole capacità di affrontare questa tragica condizione, più che emergenza, senza scadere in logiche meramente repressive e liquidatorie di una psicopatologia molto complessa, variegata e anche sempre più estesa, sino a mettere in discussione pure la valutazione del ciclo di età da prendere in considerazione.

L’adolescenza, in sostanza, non è soltanto una fase di transizione psicologica, ma va analizzata sempre più da un punto di vista neurobiologico: è ormai stato accertato, dagli studi accurati e più avanzati delle neuroscienze, che dai 13 ai 25 anni circa il cervello si plasma e assume la struttura adulta, acquisendo competenze cognitive, relazionali e affettive che si stabilizzeranno per il resto della vita.

Il contesto sociale, quando è povero di relazioni, quando è molto autoreferenziale, quando non sa accendere il dinamismo affettivo e motivazionale verso mete condivise, innesca meccanismi distruttivi e affonda le radici nella insoddisfazione dei ragazzi per la loro vita, le loro relazioni amicali, familiari e per la loro salute.

Allora abbiamo bisogno di cambiare passo, attraverso approcci integrati di competenze terapeutiche, educative e sociali, con una capacità di presa in carico sin dalle prime fasi in cui si manifesta il disagio, incidendo con progettualità sia sui momenti preventivi sia su quelli curativi, rompendo quegli steccati che separano gli specialisti delle dipendenze da quelli della neuropsichiatria infantile.

Il cambio di passo che è richiesto si inquadra nel contesto più generale delle politiche pubbliche sulle dipendenze, che deve ancora dare delle risposte ad alcuni interrogativi di fondo. Come affrontare questa nuova fase della cura delle dipendenze? Come evitare che il confronto riaperto dopo anni di silenzio scivoli ancora nel vecchio e stantio dibattito sulla liceità o meno dell’uso delle sostanze? Come rilanciare la vostra esperienza di operatori qualificati e di alto livello, maturata sul campo in tanti anni di duro lavoro?

Con la legge n. 45 del 1999, avevamo individuato un percorso inedito che ha costruito una rete dei Servizi tra le migliori in ambito europeo e internazionale. Adesso è necessario mantenere fermi alcuni punti e migliorare e qualificare altre innovazioni, in modo da consegnare al post-Covid una rete di Servizi quanto più possibile avanzata.

Bisogna allora chiamare la politica a non fare l’errore che si è fatto con la Conferenza Nazionale, dove si è trascurato quel piglio programmatico, serio e condiviso che si ottiene solo se si assume uno stile coprogettuale con quanti, nei Servizi Pubblici, nelle Comunità Terapeutiche e nei Servizi di Prossimità, hanno una matura capacità per ripensare strategie e organizzazione della Rete dei Servizi. Sulla Rete dei Servizi va pertanto concentrato lo sforzo pubblico che deve caratterizzare le scelte di fondo da riversare sul Piano Nazionale sulle dipendenze, recuperando quel metodo coprogettuale che potrà sostenere il recupero dell’autorevolezza delle istituzioni che è necessaria nella guida delle politiche sulle dipendenze.

L’integrazione come approccio sistemico

Sulla integrazione, vorrei che si concentrasse una maggiore attenzione, per farla diventare un approccio sistemico della nuova strategia delle politiche sulle dipendenze, soprattutto dopo aver constatato i limiti della Conferenza nazionale sulle dipendenze di Genova e dopo gli attuali disagi che sia il vostro mondo sia quello delle Comunità e dei Servizi di prossimità sta provando nella stesura del Piano Nazionale sulle dipendenze.

Perché l’integrazione deve essere posta al centro della lotta alle dipendenze?

  1. Per curare le dipendenze non esiste una sola terapia considerata messianica, sono necessarie semmai più terapie da integrare tra di loro per investire realmente sulla personalizzazione della cura, con una presa in carico globale di chi vive il dramma della dipendenza.
  1. Le professionalità chiamate ad agire nella cura delle dipendenze devono essere multidisciplinari. Non bastano, ad esempio, lo psichiatra o l’educatore, è necessario prevedere anche lo psicologo, lo psicoterapeuta, l’infettivologo, il sociologo, il genetista, l’assistente sociale, il pedagogo e diverse altre figure. Questo tipo di integrazione vale a maggior ragione per affrontare l’universo complesso e delicato delle dipendenze adolescenziali. La legge Lumia, vent’anni fa, ha voluto questa integrazione professionale sia all’interno dei Servizi pubblici che nelle Comunità Terapeutiche e nei Servizi di prossimità.
  1. Nella prevenzione, cura e riabilitazione delle dipendenze, la sanità ha sempre più un ruolo centrale, così pure il sociale (soprattutto nel rapporto con le famiglie, che restano spiazzate davanti alle dinamiche adolescenziali, e nel momento del reinserimento lavorativo, che rimane uno dei punti più trascurati), ma anche in questo caso è necessaria l’integrazione, senza la quale si va incontro a clamorosi fallimenti.
  1. L’integrazione va prevista pure all’interno dei servizi sanitari, che devono essere organizzati operando un raccordo costante tra i vari momenti della cura: domiciliare, territoriale e ospedaliera.
  1. È maturo il tempo per strutturare operativamente quello che già la legge n. 45 del 1999 ha definito “alta integrazione” tra i Servizi pubblici organizzati dai SERD e la rete delle Comunità Terapeutiche e dei Servizi di prossimità.

È questo in sostanza il momento più propizio per fare in modo che l’integrazione diventi sistemica: più operativa, progettuale e terapeutica.

Linee guida per una riforma sistemica

Questo contesto richiede alcune scelte che stanno alla base di uno sviluppo normativo che vada nella direzione di una riforma sistemica del Testo unico sulla droga, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990.

  1. Va ripresa la strutturale funzione autonoma, sia organizzativa che dirigenziale, dei Dipartimenti delle Dipendenze, rispetto alla salute mentale, per ridare impulso sistemico e progettuale ai vari momenti della prevenzione, cura e riabilitazione dalle dipendenze.
  1. Bisogna reinvestire sulla immissione nei Servizi dei SERD di nuovo personale almeno pari a quello che si riuscì a inserire con la legge n. 45 del 1999, per affrontare le sfide nuove delle dipendenze sia da sostanze che comportamentali, comprese quindi quelle tecnologiche, legate al gioco d’azzardo e ai disturbi alimentari.
  1. Occorre investire una quota di nuove risorse finanziarie e professionali sulla ricerca da realizzare direttamente nei Servizi, perché è stato dimostrato in questi anni che questo tipo di ricerca, attivata direttamente dal lavoro clinico degli operatori, produce risultati validi ed efficaci.
  1. È necessario costituire presso le Facoltà di Medicina e delle altre professioni sanitarie e sociali la tanto attesa specializzazione sulle dipendenze, in modo tale da tenere conto del cammino professionale già maturato in questi anni e stimolare una qualità professionale sempre più elevata.
  1. Bisogna prevedere un piano di costruzione degli spazi e della logistica dove si svolgono concretamente i servizi, da progettare come una sorta di hub strutturati a raggiera: nei diversi segmenti si articolano le varie attività e si garantiscono privacy e accoglienza moderna e di alta qualità.
  1. È necessario ripristinare il Fondo Nazionale sulle Dipendenze previsto dalla legge n. 45 del 1999, purtroppo non più rifinanziato. Si potrebbe utilizzare a tale scopo almeno il 30 per cento delle somme confiscate nella lotta al narcotraffico, in base al Testo unico sulla droga.
  1. Va rivista la governance istituzionale delle dipendenze per riconoscere un ruolo più significativo alle reti sia delle Società Scientifiche sia delle Comunità terapeutiche accreditate.
  1. Il rilancio dei Servizi va inquadrato nel problema, che ormai affrontate da tempo, della “doppia diagnosi”, che richiede sia una più complessa e sofisticata organizzazione dei Servizi sia un salto di qualità nell'”alta integrazione”.
  1. Vanno messi a fuoco progettualmente due ambiti particolari, su cui si gioca una parte rilevante sia della cura sia dell’impatto sociale del sistema dei Servizi pubblici e dell’alta integrazione. Mi riferisco al rapporto con il carcere e alla fase del lavoro, nel senso di fare in modo che le migliori pratiche siano tradotte in protocolli operativi e risorse certe.

In questi anni avete lavorato tantissimo, siete stati capaci di reggere l’impatto delle dipendenze, si sono vinte le pandemie di HIV e HCV (epatite C). Adesso bisogna mettervi nelle migliori condizioni di affrontare e dare risposte le più qualificate possibile alle dipendenze e alle patologie correlate, a partire dalle sfide drammatiche che il mondo adolescenziale ci pone.